Edmond Joyeusaz, sciatore estremo e guida alpina, si racconta.
Scalate
e discese
estreme
come
è nata
la passione?
Ho cominciato a cinque anni con lo sci che ho praticato a livello agonistico fino dall’età di 26. Sono stato per due anni successivi il miglior punteggio FISI nella graduatoria italiana dello slalom speciale, nel 1979 e 1980. Nel 1984 ho vinto la Coppa Italia che mi ha aperto le porte della Squadra Nazionale con cui ho partecipato alla Coppa Europa. L’anno successivo, un infortunio mi ha indotto ad abbandonare le competizioni, nonostante fossi ancora nei migliori 100 sciatori al mondo nella graduatoria dello slalom speciale e gigante. Durante il tempo libero dagli allenamenti sciistici, sfruttavo ogni momento per scalare. Nel 1987 sono diventato guida alpina e ho iniziato ad appassionarmi alle spedizioni alpinistiche sull’Himalaya che avevano come scopo principale la discesa con gli sci dalla cima o lungo itinerari vergini. Nel frattempo continuavo a lavorare come allenatore Federale di Sci alpino. Abbandonata l’attività agonistica e di allenatore Federale di sci alpino ho potuto dedicarmi con più continuità a questa grande passione
Qual è stato fino ad ora il tuo più grande traguardo? E quello che ti ha reso più orgoglioso?
La prima discesa con gli sci dello Shisha Pangma 8.027m., la più bassa dei 14 ottomila (in Tibet, all’interno della catena dell’Himalaya n.d.r), ancora oggi irripetuta, è un traguardo importante in un luogo magico. La discesa della scorsa primavera dalla cima del Monte Bianco sulla “Poire” è sicuramente la più difficile che abbia realizzato in un contesto severo con grandi pericoli oggettivi. Su quel versante del Monte Bianco (Brenva) si sono cimentati tutti i più forti sciatori dell’estremo, aver lasciato anch’io una traccia mi rende particolarmente orgoglioso.
Dove
trovi
la
motivazione?
Ho cominciato a cinque anni con lo sci che ho praticato a livello agonistico fino dall’età di 26. Sono stato per due anni successivi il miglior punteggio FISI nella graduatoria italiana dello slalom speciale, nel 1979 e 1980. Nel 1984 ho vinto la Coppa Italia che mi ha aperto le porte della Squadra Nazionale con cui ho partecipato alla Coppa Europa. L’anno successivo, un infortunio mi ha indotto ad abbandonare le competizioni, nonostante fossi ancora nei migliori 100 sciatori al mondo nella graduatoria dello slalom speciale e gigante. Durante il tempo libero dagli allenamenti sciistici, sfruttavo ogni momento per scalare. Nel 1987 sono diventato guida alpina e ho iniziato ad appassionarmi alle spedizioni alpinistiche sull’Himalaya che avevano come scopo principale la discesa con gli sci dalla cima o lungo itinerari vergini. Nel frattempo continuavo a lavorare come allenatore Federale di Sci alpino. Abbandonata l’attività agonistica e di allenatore Federale di sci alpino ho potuto dedicarmi con più continuità a questa grande passione
Hai mai avuto paura durante una delle tue avventure?
Durante le mie discese non ho mai paura, la concentrazione è molto alta, non ho mai indecisioni su come affrontare i problemi tecnici che incontro. L’esperienza è fondamentale unitamente alla preparazione tecnica. In questo tipo di progetti, nulla deve essere lasciato al caso, la discesa va programmata nei minimi particolari. Nei giorni precedenti sono un po’ ansioso, devo valutare tutte le problematiche che si possono presentare, la preoccupazione sta appunto nel capire se ho pensato veramente a tutto.
Esistono discese alla portata di tutti tra quelle che proponi come guida?
Accompagno abitualmente alcuni amici e clienti su itinerari di sci estremo; ma non sono molti quelli che possono cimentarsi su pendenze del genere. Sono ragazzi giovani, tutti maestri di sci, ma che comunque non hanno esperienza in alta montagna e richiedono la mia competenza. È una specialità a cui ci si avvicina per gradi, naturalmente esistono discese per neofiti, ma comunque è necessaria un’ottima tecnica sciistica.
Qualche suggerimento per chi decidesse di partire con te?
Come per qualsiasi sport, ma, soprattutto per lo sci estremo è necessaria una progressione didattica; purtroppo, capita spesso che alcuni giovani perdano la vita su questo genere di discese per la poca preparazione.
Come ti prepari per un’avventura come la discesa da la Poire? Quale tipo di allenamento (e di dieta) necessita un’impresa del genere e per quanto tempo ci si prepara?
Quest’anno è stato molto difficile preparami adeguatamente. Il lockdown mi ha limitato enormemente negli allenamenti. Purtroppo quando le condizioni della montagna erano buone per tentare la discesa, il mio allenamento fisico era scarso, ho dovuto sopperire con l’esperienza. Comunque abitualmente la preparazione fisica dura alcuni mesi, quella tecnica sugli sci non mi preoccupa, fatta qualche curva riprendo in fretta gli automatismi. Devo dire che la discesa della “Poire” da questo punto di vista mi ha facilitato, la prima parte non era molto ripida, questo mi ha dato modo di arrivare sulla parte ripida con un buon riscaldamento. La dieta è la cosa più difficile per il sottoscritto, sono molto goloso e durante l’inverno, visto che faccio poca salita e molta discesa, tendo a ingrassare di qualche chilo.
Raccontaci
la giornata
nei dettagli
cosa mangi a colazione prima di una discesa? E dopo, una volta portata a termine la sfida, come festeggi?
La mia giornata inizia con una colazione a base di thè, marmellata con qualche fetta biscottata, spesso mangio un frutto e bevo un bicchiere di succo. La colazione è un rito e la faccio con molta calma, solitamente guardando il telegiornale della mattina. Odio fare le cose di corsa, da quando mi alzo ci vuole 1 ora e mezza perché esca da casa. Quando affronto una discesa impegnativa, la procedura è la stessa, non cambio abitudini. Dopo solitamente esco a cena con mia moglie e gli amici che mi hanno supportato nel progetto, mi piace condividere con loro la gioia del successo.