Atterro in questo microscopico lembo di terra senza avere la minima idea di cosa mi attenda.
Incontro Ohumed, un giovane pescatore di origine Afar, facciamo pochi passi e mi indica una vecchia abitazione di inizio secolo – Questa è la casa dove visse Arthur Rimbaud – e già sento aleggiare nell’aria calda e afosa i versi del poeta.
Raggiungiamo il porto e incontriamo i famosi sambuchi che per secoli hanno solcato queste acque, penso ad Henry de Monfreid che proprio qui aveva deciso di trascorrere buona parte della sua vita, a cavallo tra la follia e l’illecito.
Ci imbarchiamo a bordo di un vecchio sambuco malconcio, alle nostre spalle il profilo della città scompare mentre davanti a noi si apre il golfo di Tadjoura e poi quello di Goubbeth el Kharab.
Davanti ai miei occhi un paesaggio lunare composto da montagne nere pennellate da venature rosse che con la luce bassa del mattino sembrano staccarsi per adagiarsi su lingue di fine sabbia bianca.
Houmed è il ponte tra passato e presente, ed io lo seguo senza perdere una sola parola.
Si narra che molto tempo fa nel mezzo del golfo del Ghoubbet el Kharab sorgesse un’isola che un giorno scomparve inghiottita dalle acque e tutt’intorno ad essa non rimase che un cerchio di fuoco.
All’improvviso l’isola ricomparve e da allora prese il nome di Ile du Diable, l’isola del Diavolo. Un luogo che evoca la presenza di forze misteriose che da queste parti chiamano Jinn.
Da allora i Jinn si impadronirono dell’isola e nessun pescatore si avventurò per molto tempo in queste acque considerate pericolose e dannate.
Calano le luci della sera, il marinaio fissa l’ormeggio a Baie de l’Etoile, la baia delle stelle.
Humed mastica khat e beve the.
Le sue ultime parole biascicate prima di prendere sonno: – Il nome Goubbeth el Karab in lingua Afar significa “il golfo della morte” –
Sollevo la testa e incontro un tappeto di stelle.
Penso a questo piccolo mondo dove gli elementi acqua, terra e fuoco si fondono dando origine ad una natura selvaggia di una bellezza sorprendente e a un popolo che ancora oggi si tramanda la leggenda dell’isola del Diavolo.
Sono dove volevo essere.
L’Ile di Diable svetta davanti a me.
La Baie de l’Etoile si accende e io mi spengo.
“Calano le luci della sera, il marinaio fissa l’ormeggio a Baie de l’Etoile, la Baia delle stelle.”
Backstage
Non saprei spiegare quale sia il vero motivo che mi ha spinto la prima volta in questa microscopica landa di terra. Potrei dire che la passione per la vita marina mi ha portato fin quaggiù per conoscere i suoi fondali, ma quando penso alla quantità di emozioni che vivo ogni volta che atterro a Gibuti, mi rendo conto che vi sono molteplici motivi che spaziano dall’avventura alla poesia, dalla natura alla storia. Da qui è passato di tutto lasciando segni che ancora oggi sono ben percepibili. Questa è Gibuti: un po’ di tutto