Psicologo e coach della TOR Academy, Trabucchi condivide con noi alcune riflessioni sul trail running e le risorse straordinarie della mente.
Consulente di atleti professionisti e professore incaricato presso l’Università di Verona, lo psicologo Pietro Trabucchi, specializzato in prestazione sportiva e Coach della TOR Academy, condivide con noi alcune riflessioni sul trail running, la preparazione fisica e mentale necessarie per affrontare prove di endurance, e la possibilità di trovare in sé stessi risorse inaspettate.
Trail Running, come è nata la passione? E come si è trasformata in un lavoro?
Nei primi anni 2000 correvo in modo pionieristico le corse lunghe di allora, che erano sostanzialmente tutte su asfalto. Vivendo in Valle d’Aosta però mi allenavo sempre sui sentieri e mi piaceva infinitamente di più che l’asfalto. Del resto quel tipo di corsa era molto più in sintonia con le altre mie passioni: alpinismo, sci-alpinismo e fondo. Conobbi e divenni amico di Michel Poletti, il creatore del Ultra Trail del Monte Bianco, che mi invitò alla prima edizione della gara. Da lì è partita la “malattia”, da cui non sono ancora guarito – nonostante l’inarrestabile passare degli anni. Il mio lavoro in realtà non è il trail running ma il tema della prestazione umana – e in particolare dell’influenza degli aspetti mentali sulla performance. Di questo mi occupo con il mio lavoro con l’Università di Verona e il Centro di Ricerca CERISM di Rovereto, e come consulente di atleti in gran parte professionisti. Il mio rapporto con la Tor Accademy non è tanto commerciale, quanto qualcosa che io vedo come una grande opportunità per ricavare dati e conoscenze sugli atleti del trail; e – al tempo stesso – per aiutare le persone a scoprire le grandi risorse psico-fisiche che sono insite in ogni essere umano.
In un clima di terza ondata della pandemia, in cui molte regioni di Italia annunciano nuove chiusure, che cosa direbbe per incoraggiare chi si prepara ad affrontare il TOR?
Beh, direi che la situazione di chiusura può essere una grande occasione per diventare consapevoli delle cose di cui abbiamo veramente bisogno: come la necessità di mettersi alla prova, di vivere a contatto con l’ambiente naturale, di scoprire i nostri limiti. Prima, quando tutto era scontato, era molto più difficile apprezzare tutta una serie di privilegi a cui avevamo accesso. Quindi io direi, a chi si accinge a partecipare al TOR, che tutte queste difficoltà che accompagnano la preparazione verso l’obiettivo vanno viste come qualcosa che forgia la nostra motivazione e alimenta ancora di più il desiderio di esserci.
In che modo lo sport può aiutare a risollevare gli animi in un periodo come questo?
È noto il legame esistente tra esercizio fisico, secrezione di neurotrasmettitori e tono dell’umore. Siamo fatti per muoverci e – evolutivamente parlando – il sistema nervoso compare negli esseri viventi proprio come strumento regolatore del movimento. Il pensiero arriva come effetto imprevisto milioni di anni dopo. Quando facciamo attività fisica stimoliamo il sistema nervoso centrale in maniera molto sana e naturale. In altre parole lo smartworking può essere una soluzione ad un problema organizzativo ed economico – ma da un punto di vista strettamente evoluzionistico – rappresenta una degenerazione, un andare conto Natura.
Perché, oltre all’allenamento fisico, in una gara di endurance è fondamentale anche la preparazione mentale?
Nei trail il fattore mentale è fondamentale. È ancora più importante che in altre espressioni del correre. Alla abituale compagnia di fatica e dolore accompagna, infatti, l’incontro con l’”inatteso”: la bufera che ti coglie improvvisamente su di un colle, la torcia che ti abbandona mentre nel buio assoluto cerchi a tentoni le pile di ricambio, la consapevolezza di esserti irrimediabilmente perso che ti taglia il respiro… Controllare non vuol dire necessariamente “risolvere”: vuol dire eventualmente prevedere e – comunque – saper gestire l’imprevisto. Ma gestire l’imprevisto vuole soprattutto dire saper gestire sé stessi. Ecco, questo sono anche i trail: soprattutto gare di gestione di sé. Prima di essere una prova atletica, mettono in gioco la capacità di tenere duro, confrontarsi con le difficoltà, non farsi abbattere dai problemi.
“I trail sono gare di gestione di sé. Prima di essere una prova atletica, mettono in gioco la capacità di tenere duro, confrontarsi con le difficoltà, non farsi abbattere dai problemi.” “Io direi, a chi si accinge a partecipare al TOR, che tutte le difficoltà che accompagnano la preparazione verso l’obiettivo vanno viste come qualcosa che forgia la nostra motivazione e alimenta ancora di più il desiderio di esserci.”
Pietro Trabucchi
Psicologo specializzato in prestazione sportiva in particolare di discipline di resistenza. È stato psicologo della squadra olimpica italiana di sci...